In occasione del lancio del nuovo progetto di Giovanni Raspini, Tattoo Bangle, il noto marchio toscano di argenteria ha deciso di utilizzare due testimonial d’eccezione: una coppia che è stata protagonista del GF15, Francesca Rocco e Giovanni Masiero. E’ stato un bell’incontro; sono una coppia innamorata e fotografarli era davvero un divertimento. Abbiamo optato per un set neutro, con una luce piuttosto spigolosa e un uso del colore estremamente desaturato. Volevamo avere solo i loro corpi con le loro emozioni; la pelle e il metallo.
Per la nuova campagna di Cavalleria Toscana, brand d’eccellenza nell’abbigliamento per equitazione, abbiamo scelto la magnifica cornice delle Terme Il Tettuccio di Montecatini Terme. Uno schieramento di campioni, cavalieri ed amazzoni tra i “top” al mondo, hanno prestato la loro immagine per il marchio toscano. La luce naturale accende e scalda il travertino delle imponenti architetture, che ho voluto utilizzare nel tentativo di creare una scenografia quasi metafisica, come un luogo fuori dal tempo.
Rossi 1931 è un prestigioso marchio di carte decorative, eccellenza fiorentina di lunga tradizione. Mi hanno contattato per produrre un video emozionale che potesse aiutare a veicolare la filosofia aziendale fuori dai confini nazionali. Sapevo di dover porre un accento sulle radici fiorentine, sull’arte, l’eleganza e la bellezza. Ovviamente senza dimenticarsi del prodotto. Ho optato per una location esclusiva, come Villa Bardini, al Forte Belvedere, sfruttandone ogni potenziale: il museo, il parco, il ristorante moderno e l’impagabile vista su Firenze. In questa cornice si muovono i quattro personaggi, ognuno ispirato dall’ “Italian Beauty”. Con una squadra di professionisti del cinema, in due (caldissimi) giorni di riprese abbiamo portato a casa un cortometraggio dal quale sono stati prodotti vari montaggi a seconda dell’utilizzo.
Eccomi di nuovo a documentare il sigillo di una forte storia d’amore, quella tra una colonna portante del AC Milan, Ignazio Abate e la sua splendida compagna Valentina Del Vecchio. Per l’occasione li ho seguiti nel Salento, nella splendida Masseria San Domenico, dove si è svolta la cerimonia. E che cerimonia. Ancora una volta sono rimasto piacevolmente sorpreso dall’affetto ricevuto e dalla simpatia di tutte le persone coinvolte.
Ogni volta che ho lavorato con Giovanni Raspini, mi sono divertito. Perché ho assaporato la libertà di esprimermi e questo notoriamente dà buoni risultati. Maria è una supermodel, di un’eleganza innata. L’avevamo scelta per la sua pelle candida e il colore dei suoi capelli. Volevo che nelle fotografie si sentisse il metallo, l’argento, senza colori, eccezion fatta per il rosso dei capelli. Ho portato la fotografia all’essenziale, come piace a me, senza virtuosismi di luce o scenografie complesse. La sintonia era perfetta, ogni scatto era perfetto.
Darkness è un progetto fotografico iniziato nel 2010. Potrei definirlo il mio lavoro più faticoso e forse più autentico. E’ un modo di fotografare che va per sottrazione: toglie luce, perde i colori e diventa oscurità. Si spinge al limite minimo in cui la foto può esistere. Sono ritratti. Alcuni soggetti li conosco bene, altri li vedo per la prima volta. Tutti li tratto allo stesso modo, cerco di prendere la parte di loro che non viene mai nelle foto, il lato oscuro, o, come direbbero in certe culture, l’anima. L’ho stampato ed esposto nella sua veste definitiva per la mostra organizzata alla galleria LABottega di Marina di Pietrasanta. I quadri sono dei monoliti neri, stampe su carta cotone, completamente opaca, con una spessa cornice nera a cassetta. Avevo un certo timore a svelare questo lavoro. Temevo non fosse capito. O non abbastanza per quanto ci tenevo. In realtà la critica è stata estremamente positiva… ed è come vento nelle vele. Dalla sua inaugurazione nel 2014 Darkness ha girato e sta girando molto, continuando a raccogliere consensi e riconoscimenti che vanno oltre le mie aspettative.
Un viaggio in Islanda dovrebbero farlo tutti. Là si può capire che l’universo è fatto di elementi primordiali che si scontrano tra loro, miscelandosi o respingendosi, mutando. Fare fotografie in un luogo così è una reazione naturale. Io ho deciso di mostrare solo un’astrazione di ciò che ho visto. Non voglio raccontare l’Islanda, voglio solo suggerirla. Così ognuno se la immagini come gli viene. Con il vento, la pioggia, il ghiaccio oppure il fuoco, l’odore di salsedine, di zolfo o dell’erba umida…
Quando il vino incontra la moda. Il noto produttore toscano Sensi, in occasione del Vinitaly 2013, aveva deciso di optare per una comunicazione che spostasse l’attenzione sul piano emozionale, dove al prodotto si associa una storia, un’idea, in questo caso legata all’eleganza e al lusso. Quindi sono stato chiamato per interpretare il vino come se fosse un ricco accessorio di moda. Villa Cora a Firenze aveva i requisiti adatti per il linguaggio che cercavamo. Così abbiamo giocato a fare i divi…almeno per un giorno. Ed è stato solo l’inizio di una stimolante collaborazione.
Stava iniziando l’autunno, le giornate diventavano più corte ma la temperatura era ancora perfetta per uno shooting di ambientazione estiva. Us Polo ha un campionario vasto, perciò avevamo previsto due giorni intensi di lavoro, con un cast piuttosto ampio. La mattina iniziò con un temporale, nubi nere e pioggia forte. Le premesse non erano incoraggianti. Fortunatamente la natura non sempre è avversa, e in poco tempo il sole si presentò all’appello.
Nel 2005 insieme ad altri appassionati creammo un festival fotografico chiamato FoFu Photart. In occasione dell’edizione 2011 ho avuto la possibilità di realizzare un’idea che pensavo fosse troppo lontana per me: una mostra di Storm Thorgerson. Non solo sono riuscito a convincerlo, nonostante la sua salute cagionevole, ma abbiamo fatto la sua più grande esibizione in Italia. Abbiamo inaugurato alla presenza dello Storm Studio di Londra al gran completo. Non dimenticherò l’emozione di girare con lui tra le opere, ascoltando aneddoti e retroscena del suo lavoro. Così come non dimenticherò quando mi confidò che questa era la sua mostra più bella. Poco più di un anno dopo ci ha lasciato. Di lui resta però il genio visionario che ha cambiato l’immagine della musica.
Casta Diva Resort, sul Lago di Como, in una parola sola una location da sogno. Giampaolo e Silvia avrebbero detto sì, in riva al lago. Come da copione, cerimonia blindatissima, organizzata in modo esemplare e senza esclusione di colpi, inclusi i fuochi d’artificio. Aneddoti del giorno? Beh, a parte che pareva di stare in un album Panini, di sicuro ricordo la lotta per impedire ai paparazzi, che arrivavano con le barche, di “rubare” immagini importanti; e poi la spola tra Giampaolo e Silvia, per tranquillizzare entrambi che era tutto sotto controllo, nonostante il temporale mezz’ora prima della cerimonia… Poi sul resto, non posso dilungarmi. In fondo è una festa privata 😉
Silvia Slitti e Giampaolo Pazzini sono una coppia di quelle con la “C”. Avevo conosciuto Silvia un anno prima per farle delle foto e ci fu subito un ottimo feeling. Infatti un bel giorno mi chiama perché avrebbe voluto farsi altre foto, questa volta anche con il suo cavaliere, noto calciatore dell’Inter. Così andai a Milano, a casa loro e ci divertimmo a fare un po’ di scatti in totale tranquillità. Fu in quella occasione che mi comunicarono del loro imminente matrimonio. Ah sì…e che io sarei stato il loro fotografo ufficiale.
“Alice in wonderland” è uno scatto estratto da “I saw the light”. Nel 2010 è stata finalista del Premio Arte Laguna e quindi è stata esposta nelle sale dell’Arsenale. Grazie alle critiche positive ricevute , l’opera è stata successivamente esposta alla Fornace di Asolo presso Treviso. Nel soggetto si può immaginare una non più giovane Alice, che al fine del suo girovagare, cattura il Bianconiglio…e resta illuminata. Lo scatto in realtà riprende una contadina, che essendo una mia zia, di tanto in tanto vado a trovare. Era da poco terminato un temporale. La luce prometteva bene. Quindi la chiamai per assicurarmi che fosse in casa, presi l’attrezzatura e volai da lei. Andammo nei campi intorno casa, il cielo aveva un colore impressionante; ero nel fango fino ai ginocchi, ma non m’importava…volevo quella foto. Il coniglio? Non l’avevo previsto. Fu lei a dirmelo. Beh, dissi, allora ci vuole bianco.
“In to the heart of Italy” è una produzione video realizzata per il gruppo Bertolli – Unilever. La campagna ADV prevedeva la messa in onda di 6 cortometraggi girati interamente in Toscana con lo scopo di promuovere 6 diversi tipi di “frozen meals” per il mercato USA. Per farlo sono stati ingaggiati 3 testimonials italo americani: il premio Oscar Marisa Tomei, lo chef Rocco di Spirito e il presentatore Dan Cortese. Lo Studio Tricomi con cui da sempre collaboro, gestiva l’unità di produzione toscana. Per gli otto giorni di riprese sono stato personal assistant di Marisa Tomei. E’ stata un’esperienza davvero unica, che mi ha regalato l’amicizia con un premio Oscar…il che non capita tutti i giorni.
Il progetto “I saw the light” era stato appena pubblicato da Rojo Magazine di Barcelona e adesso veniva esposto per la prima volta nella veste definitiva. L’occasione è stata la collettiva Shhh…rumori d’artista, curata da Elena Colombini per la Fondazione Piaggio ed allestita presso il Museo Piaggio. Le prime immagini le avevo realizzate alcuni anni prima. L’idea era quella di far “apparire” una luce nell’ombra di esistenze apparentemente marginali. Un evento tanto surreale quanto sconvolgente. La mostra è stata poi esposta in altre sedi sia in Italia che all’estero.
“Demoni e polvere” è un video realizzato con scatti fotografici poi montati con un’opportuna colonna sonora. Le parole di Tom Waits del brano “What’s he building in there”, danno voce alle immagini di uno scorcio di vita suburbana, dove sembra non vi sia rimasto altro che demoni e polvere. Ho realizzato questo corto una sera, dopo aver cenato. Sono piombato a casa di mio padre e ho cominciato a dirigerlo su quello che doveva fare. In un paio d’ore avevo il materiale. Questo grazie al suo talento di attore, che lui non sa di avere. Ero contento del risultato e ho deciso di inviarlo al contest. Il momento che ricordo con più gioia della premiazione è stato vedere la fotografa americana Nancy Fina chiedere l’autografo a mio padre…
Per l’edizione 2007 del Singapore International Jewellery Show, i progettisti dello stand Italia decidono di convocare quattro fotografi italiani, chiedendo loro di realizzare due immagini ciascuno, con le quali allestiranno le pareti del grande spazio espositivo istituzionale. Il tema è il gioiello italiano, liberamente interpretato attraverso la fotografia. Io ero uno dei convocati. Decisi di immaginare figure mitologiche, come una sirena e Nettuno, appunto. Scelsi di fotografare i soggetti in acqua e di esporli capovolti, per aumentare l’effetto della fluidità e sfruttare l’assenza di riferimenti spaziali, disorientando lo spettatore. Proprio come quando ci troviamo in un elemento a cui non siamo abituati. I toni freddi, inoltre, aumentano il contrasto con l’oro, dando risalto al gioiello, vero protagonista dell’evento. Le immagini sono poi state stampate su supporto traslucido e quindi retro-illuminate, come una grande insegna luminosa.
Nel 2006 vidi per la prima volta la Big Apple. Ero lì per scattare un editoriale per il gruppo sartoriale Isaia. Ci spostavamo con l’auto e scattai foto per strada, ovunque vedessi scorci che mi piacessero. Quindi facevamo stop ogni 100 metri. La giornata volgeva al termine, ero saturo d’immagini e mi sentivo soddisfatto. Ma a volte le sorprese non finiscono mai. Avevamo concordato di concludere il servizio presso lo showroom dell’azienda. Quello che non sapevo è che si trovava a non so quale piano di uno dei più bei palazzi nel cuore di Manhattan, e aveva un’enorme terrazza d’angolo tra la 5th e la w57th, praticamente davanti la celeberrima vetrina di Tiffany. La luce del tramonto stava tingendo tutto d’oro. Mi affacciai al parapetto, chiamai il modello e gli dissi: “siamo sul tetto del mondo, adesso possiamo urlare.”
Sono sempre stato innamorato di Livorno e dei suoi abitanti. Ho deciso quindi di provare a riportare sulla pellicola ciò che mi seduce di questa città. Per circa un anno, di tanto in tanto, partivo con macchina al collo, un “boia dé” in tasca e mi immergevo nel ventre labronico. Senza premeditare né studiare il dove o il cosa. Con lo stesso atteggiamento di un forestiero, che si perde in un territorio nuovo, ho vagato, in cerca di qualcosa che valesse d’esser “rubato”. Punti fermi: l’obbiettivo 24 mm e la pellicola BN. Ne è uscito un diario di un viaggio attraverso il quale ho scoperto che il “Dé” può avere infinite sfumature. Esattamente come Livorno.
Panna è una piccola località del Mugello, che dà il nome alla famosa Acqua. Di fianco allo stabilimento di imbottigliamento sorge l’antica Villa Panna, che nel 2005 subì un importante intervento di ristrutturazione per essere riportata allo splendore originale. La proprietà Sanpellegrino mi commissionò di eseguire un reportage durante l’avanzamento dei lavori, al fine di ottenere delle immagini di taglio emozionale da utilizzare per la comunicazione istituzionale. Alla fine dei lavori, l’arredatore Cristiano Biagiotti, che aveva curato la nuova veste della Villa, propose di stampare una selezione delle immagini più interessanti per creare una mostra permanente all’interno dei locali rinnovati. In molti casi si trattava di gigantografie, tutte stampate su alluminio.
Al Café de Paris di Firenze viene presentata la mostra fotografica Food & Fashion. Il progetto fu ispirato dal direttore di un importante ristorante di Roma, il quale mi invitò a realizzare degli scatti che avessero come argomento il cibo e la moda. Coinvolsi la make up artist Costanza Scornaienchi e lo stylist Massimiliano Valmori, con i quali ero solito collaborare e insieme iniziammo a produrre i ritratti. Usavamo cibo fresco e lo applicavamo sui soggetti, che nella maggioranza dei casi volevamo non fossero modelli professionisti. Ne uscirono una dozzina di immagini che poi portammo in giro in varie mostre, scegliendo come spazi espositivi locali dedicati al mondo della gastronomia.
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Aprile 2003, Miami. Voliamo in Florida per scattare le immagini di una nuova campagna pubblicitaria per Fani Gioielli, che per l’occasione aveva deciso di affidarsi ad una testimonial d’eccezione: la famosa violoncellista Nina Kotova. Decidiamo di iniziare sulla spiaggia. C’era un vento molto forte e un cielo pieno di nubi. Le dissi di comportarsi come ad un concerto… quindi iniziò a suonare. Avevo i brividi per la suggestione del momento. Lei indossava un abito rosso, ma decisi di montare una pellicola in BN, perché volevo che nella foto si sentissero la musica e il vento. Il colore poteva distrarre. Lo scatto divenne campagna e, con una certa sorpresa, qualche anno dopo lo ritrovai sulla copertina del Venerdì di Repubblica.
Dovevo scattare un catalogo per un marchio inglese di abiti couture. Non avevo partecipato al casting e avevo ricevuto le foto della modella pochi giorni prima. Non era un volto nuovo. Quando ci trovammo sul set continuavo a pensare chi mi ricordasse… Solo alcuni giorni dopo mi accorsi che l’avevo vista in un film, “C’era un cinese in coma” con Carlo Verdone. Era una giovane Anna Safroncik, che di lì a poco sarebbe divenuta un volto noto di fiction televisive.
Nel 2002 in occasione dell’uscita de “L’uomo della strada”, disco da solista dell’ex Litfiba, Piero Pelù, è stato indetto un contest internazionale per realizzare la cover del cd. Appresi la notizia dalla radio, mentre stavo guidando. Immediatamente immaginai un uomo anziano, che se ne stava in mezzo ad una strada, con delle ali rudimentali: una sorta di moderno Icaro. Il giorno dopo costruii l’impianto che avevo pensato, presi mio padre, la macchina fotografica e ci dirigemmo in una location che conoscevo bene, nella campagna toscana. L’immagine fu scelta per il booklet del disco e fu utilizzata come scenografia durante il Tour promozionale.
Ottobre 2001, il mio primo incarico da professionista. Al tempo ero assistente fotografo e stavo imparando il mestiere. Tuttavia l’art director Marco Tricomi volle mettermi alla prova e mi affidò il lavoro. Si trattava del noto brand Roy Rogers. Da poco New York aveva subito l’attacco che avrebbe cambiato la storia recente. Il mondo dei lustrini e delle frivolezze della moda era distante. C’era bisogno di un “reset”. Cercammo modelli con capelli lunghissimi, e scegliemmo una location naturale scarna ma intensa. Conoscevo bene quella scogliera, perciò andai a colpo sicuro. La giornata ventosa e il cielo velato sembravano fatti apposta. Il resto fu pellicola in bianco e nero e camera oscura.